TERRACINA - Chiesa dell'Annunziata - Gli affreschi

Gli affreschi

Immagini


1) Presbiterio, parete nord, particolare con tre figure nimbate (foto Autore)

2) Presbiterio, parete nord, particolare con due figure nimbate (foto Autore)

3) Presbiterio, parete nord, particolare con figura nimbata (foto Autore)

4) Presbiterio,parete est, pennacchio nord, particolare dell'angelo con il cartiglio e drago rosso (foto Autore)

5) Presbiterio, parete est, particolare (foto Autore)

6) Presbiterio, parete est, pennacchio sud, Arcangelo Michele (foto Autore)

7) Presbiterio, parete nord (foto Autore)

8) Presbiterio, parete ovest (foto Autore)

9) Presbiterio, parete ovest, particolare edicola a sinistra dell'altare (foto Autore)

10) Presbiterio, parete ovest, particolare tralcio di vite (foto Autore)

11) Presbiterio, parete ovest, particolare edicola a destra dell'altare (foto Autore)

12) Presbiterio, parete ovest, particolare edicola a destra dell'altare (foto Autore)

13) Presbiterio (foto Autore)

14) Presbiterio, volta (foto Autore)

15) Presbiterio, chiave di volta con il Salvador Mundi (foto Autore)

16) Presbiterio, particolare vela sud (foto Autore)

Descrizione

Nel presbiterio della chiesa dell’Annunziata a Terracina [fig. 13] è presente un ciclo di affreschi non ancora catalogato e completamente inedito, ma riconducibile per via stilistica alla metà del Trecento, nonostante il pessimo stato di conservazione non ne faciliti la lettura; le pareti sono segnate da profonde fratture nel tessuto murario, lacune e dilavamenti dovuti al ripetuto abbandono della chiesa e sono presenti diversi strati di scialbo. È importante premettere che il presente non è un vero e proprio studio, che dovrà attendere il restauro, ma una prima descrizione e individuazione dell’opera.

La tecnica impiegata è l’affresco, il disegno esecutivo è realizzato attraverso delle incisioni, ricalcato poi con pennellate di terra rossa date ad affresco. I volti, in particolare quelli della parete nord, sono contrassegnati da una raffinata e minuziosa tecnica pittorica: su una base a terra verde il pittore modella i volumi attraverso la miscela, in varie gradazioni di rosso e terra verde. Lumeggiature e ombre sono ottenute attraverso un fitto tratteggio di sottili pennellate che seguono l’andamento delle forme. Le aureole sono realizzate a rilievo con un motivo a raggi concentrici, ottenuti verosimilmente imprimendo un’asticciola a sezione semicircolare.

L’andamento della crociera è messo in evidenza da una decorazione a fasce. Al centro, nella chiave di volta, all’interno di un tondo decorato con motivi geometrici bianchi, blu e rossi è rappresentato il Salvator Mundi. In ciascuna vela sono presenti due tondi, contraddistinti da un motivo a fiore, per un totale di otto, di dimensioni maggiori rispetto a quello centrale [figg. 14-16].

La parete ovest, dietro l’altare, si presenta in un pessimo stato di conservazione [figg. 8-12]. È possibile leggere chiaramente l’incisione di due edicole-nicchia con arco a tutto sesto perfettamente inquadrato, l’intera struttura dell’arco è decorata da un motivo a foglie di vite, forse a ripresa della decorazione lapidea del portale di ingresso.

All’interno delle due nicchie dipinte emergono due immagini, nella parete sinistra un viso di donna, il resto del corpo è probabilmente conservato sotto lo scialbo, mentre a destra è presente un uomo inginocchiato che tiene in mano una sorta di cartiglio e guarda in alto in una posizione forzata.

Sulla parete nord rimane una scena integra di altissima qualità, ma di difficile lettura iconografica, con  tre personaggi nimbati, incorniciati da un’architettura decorata a fasce e rombi [figg. 1-3, 7]. Partendo dal basso, a figura intera, un santo nimbato tiene in mano un cartiglio rosso, è inginocchiato su un tappetto rosso e guarda in alto in atteggiamento adorante; al di sopra ci sono due personaggi, uno frontale, l’altro di scorcio, che sembrano intonare un canto; al di sopra delle teste sbuca una mano che si rivolge verso l’alto.

Nella parete est [figg. 4-6] è più agevolmente leggibile una scena dell’ Apocalisse di Giovanni (capitolo 12:1-4, 7-8): «Poi un grande segno apparve nel cielo: una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Apparve ancora un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. La sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra. E ci fu una battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli». Nel pennacchio nord-est è rappresentato il Drago rosso dell’Apocalisse e sotto di lui un angelo col cartiglio, mentre nel pennacchio sud-est l’Arcangelo Michele, con la mano sulla spada e il viso increspato, pronto alla battaglia che si sta per svolgere. Al centro della parete est a destra dell’arcone è rappresentata l’inconsistente ed eterea Donna vestita d’oro, che nella tradizione Medievale era identificata con Maria. Possiamo dunque pensare a un ciclo mariologico.

Vorrei mettere ora in evidenza le differenze tra la parete nord e quella est, probabilmente dipinte nello stesso momento, ma da due maestri differenti. Mentre la scena con i tre santi nimbati risulta salda, costruita dentro un ambiente terreno, reale, le scene dell’Apocalisse sono idealizzate, la costruzioni dei corpi, in particolare quello della Donna vestita d’oro, sono rarefatte, aeree. I visi in questa scena sono trattati in maniera differente, vivono in un mondo ideale, anche la tecnica pittorica cambia, scompare il tratto rosso che contrassegna le altre zone, resta l’incisione, visibile in particolare in san Michele Arcangelo.

La parete nord è certamente da collegare in particolare all’ultima produzione di Stefano Fiorentino, attivo nella bottega di Giotto dapprima nella basica inferiore di Assisi, poi a Roma nel ciclo di affreschi della basilica di S. Pietro e nel Polittico Stefaneschi, dove si riconosce il suo intervento diretto datato al 1330; successivamente è presente nel quarto decennio del Trecento nel Camposanto di Pisa dove vi affresca L’Assunzione della Vergine, oggi scomparsa; subito dopo è attivo nel monastero benedettino di Chiaravalle di Fiastra, dove affresca L’Assunzione della Vergine (Volpe 1983, pp. 229-304; Bellosi 2001, pp. 19-40; Bandiera , Gregori 2010).

 Per la scena tratta dall’Apocalisse di Giovanni, invece, il primo riferimento va a Buffalmacco a Pisa (1336).   Qui infatti le figure si presentano libere e disorganiche nella struttura spaziale, frammentata in più episodi. Manca il senso narrativo giottesco, le sue sapienti costruzioni spaziali, ma siamo di fronte a suggestive immagini letterarie (Bellosi 1974). Un confronto diretto nel Lazio sono gli affreschi di Subiaco, della Scala Santa del Sacro Speco, dove partecipano più pittori di ascendenza umbro-toscana, e in particolare spicca il nome di Meo da Siena (Pace 1983, pp. 423-441).

Bibliografia

Bandiera S., Gregori M., Un poema cistercense. Affreschi giotteschi a Chiaravalle Milanese, Milano 2010.

Bellosi L., Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974.

Bellosi L., Giottino e la pittura di filiazione giottesca intorno alla metà del Trecento,  «Arte Cristiana», CI (2001), pp. 19-40.

Pace V., Pittura del Duecento e del Trecento a Roma, in La pittura Italiana. Il Duecento e il Trecento, Torino 1983, pp. 423-441.

Romano S., Eclissi di Roma: pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V, Roma 1992.

Volpe C., Il lungo percorso del “dipingere dolcissimo e tanto unito”, in Storia dell’arte italiana, Dal Medioevo al Quattrocento, V, 1983, pp. 229-304.

Autori

Elisabetta Loi