PRIVERNO - Duomo di Santa Maria Annunziata - Il portico
Il portico
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Descrizione
Elemento preponderante nella facciata del Duomo è il suo portico, realizzato dalla scuola di lapicidi attiva a Priverno tra il XIII e il XIV secolo e formatasi presso il cantiere dell'abbazia di Fossanova [fig. 1]. Più volte si è cercato di dare un'identità a questi artisti, ma le problematiche relative alla mancanza di fonti attendibili ha spesso condotto nell'errore. La primissima attribuzione ad Antonio Baboccio da Priverno fu data dal Valle nel Seicento (Valle 1646, p. 95), ma tale idea, sostenuta nell'Ottocento anche da Marocco e Moroni, era chiaramente errata vista l'incongruenza cronologica (Marocco 1834, p. 163; Moroni 1851, p. 240). Poco verosimile sembrerebbe anche l'ipotesi di attribuzione ad Andrea da Priverno, avallata prima da Hermanin e sostenuta più recentemente da Angelini, ma non accettata da Bassan (Hermanin 1945, p 51; Bassan 1991, p. 620; Angelini 1998, pp. 441-442).
La chiesa presenta tre entrate: tre porte quadrangolari, delimitate da archivolti e da stipiti realizzati con grandi blocchi di pietra calcarea e sormontate da lunette e archivolti a tutto sesto, a sezione quadrangolare, le cui basi sono costituite da mensole dal profilo curvo. Il portico antistante è composto da tre arcate, la centrale a tutto sesto e le laterali a sesto acuto, con pilastri rafforzati da contrafforti ed affiancati da colonne. Esse sono sormontate da eleganti capitelli di chiara ispirazione cistercense, i più ricchi dei quali trovano un riferimento esplicito nella scultura del braccio meridionale del chiostro dell'abbazia di Fossanova [fig. 2]. La tipologia di base è costituita dal modello di capitello a crochets, elaborato nel tipo a sferula e in quelli ancor più complessi in corrispondenza del pilastro destro. Questi ultimi presentano infatti una ricca decorazione con diverse figure attualmente molto deteriorate e di difficile interpretazione: sono visibili due serpenti aggrovigliati, un animale villoso e una scena di caccia con un uomo e un leone, forse una raffigurazione dell'Eden biblico o di semplici scene di vita umana o animale.
Le colonne poggiano su animali stilofori, identificabili a partire da destra come un cavallo, un orso, un leone, un leopardo, una leonessa e un bue [fig. 3]. Essi simboleggiano i fedeli custodi dell'edificio (Valle 1646, p. 95) e in particolare la figura del cavallo, secondo quanto ipotizzato da Marocco e Moroni, potrebbe alludere alla figura mitica della regina Camilla, allattata con latte di cavalla (Eneide, l.VII-804) (Marocco 1834, p. 163; Moroni 1851, p. 240).
Gli archivolti delle tre arcate sono riccamente decorati con fregi che richiamano la linea stilistica tipica della scuola dei maestri privernati, non lontana dall'architrave del portale di S. Antonio Abate a Priverno e da quello della SS. Annunziata di Terracina, più tardi dal punto di vista cronologico, ma chiaramente ispirati proprio al modello del Duomo [figg. 4-5]. Gli archivolti delle arcate laterali sono ornati con foglie d'acanto e presentano al loro centro due figure simboliche, un'aquila a destra, probabilmente connessa al simbolo araldico della città di Priverno, e una croce musiva a sinistra, simbolo del luogo di culto e simile a quella che si trova nell'arco del campanile della chiesa privernate di S. Giovanni. Il fregio centrale è invece decorato con tralci di vite e uva, simbolo dell'eucaristia, mentre al centro è raffigurato un angelo, l'altro protagonista dell'Annunciazione. A questo evento della vita di Maria è infatti dedicato il duomo.
Il portico presenta inoltre un altro elemento decorativo di difficile interpretazione: si tratta di una figura maschile seminuda dotata di un grosso fallo forato, posta all'estrema sinistra della facciata subito dopo il contrafforte [fig. 6]. È stato interpretato come uno smaltitore di acqua piovana, ma poiché il foro di uscita è estremamente ridotto e più facile consideralo un semplice simbolo apotropaico.
Vi sono infine altri elementi scultorei da prendere in esame con la dovuta attenzione. Si tratta di cinque leoni stilofori che la memoria, tramandata dai canonici di S. Maria, attribuisce a una cattedra episcopale e a un pulpito un tempo custoditi nel duomo (ad essi apparterrebbero anche i due leoni stilofori oggi collocati presso l'entrata del Palazzo comunale). Tre di essi, quelli collocati lungo la scalinata, sono stati trafugati nel 2006 e ne abbiamo solo memoria fotografica, mentre gli altri due sono attualmente collocati in facciata [figg. 7-10]. È difficile affermare con certezza se la memoria tramandata dalla tradizione abbia effettivamente un fondo di verità. L'unica testimonianza riguardante gli arredi liturgici del duomo risale infatti al Valle che descrive un pulpito «di marmo delicatamente lavorato, da quattro serpeggianti colonne sostentato, sotto le basi de' quali v'erano quattro leoni di marmo, che parevano vivi» (Valle 1646, p. 28). Secondo la ricostruzione proposta da Angelini i due leoni in facciata e quello un tempo collocato sulla sommità della scalinata, appartenevano al pulpito descritto dal Valle (Angelini 1998, p. 460). Una ipotesi totalmente da escludere secondo Gianandrea, che evidenzia la non idoneità delle sculture a tale ruolo a causa delle «dimensioni dei felini, la base per colonna sul dorso e l'esecuzione perfetta delle parti posteriori» e che data le sculture al XIII-XIV sec. (Gianandrea 2007, p. 190).
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Autori
Maria Luisa Terrasi