TERRACINA - Cattedrale di San Cesareo - Il candelabro pasquale

Il candelabro pasquale

Immagini


1) Navata laterale, particolare con ambone e candelabro (da Rossi 1912)

2) Candelabro pasquale, particolare del basamento (foto Autore)

Descrizione

Definito da Bianchini «una delle più preziose gemme della cattedrale» (Bianchini 1952, p.25), il candelabro del cero pasquale si trova oggi a ridosso dell’ambone, all’incirca a metà della navata centrale della chiesa di S. Cesareo, sul lato sinistro. L’importanza di questo esemplare risiede non solo nella finezza della fattura, ma anche nell’essere l’unica opera firmata e datata con certezza tra gli arredi del duomo e delle altre chiese di Terracina (Ibidem, p. 26).

Il candelabro è una struttura esile alta circa quattro metri, che presenta un basamento in marmo bianco con due leoni su cui si innesta la base della colonna tortile. I leoni riflettono «uno schema compositivo molto ricorrente nei ceri pasquali che simboleggia la forza della resurrezione che schiaccia le potenze del male» (Reich 1989, p. 55). 

Sulla base dello stiloforo sul lato frontale compare l’iscrizione CRUDELES OPE.(rarius), mentre sulla base della colonna tortile, dal lato del presbiterio, troviamo la data di esecuzione o di posa in opera del candelabro «A.D. MCCXLV MEN(sis). OCT(obris). DIE ULTIMA». Questa data, 1245, risulta un importante punto di riferimento anche per la datazione di altri arredi liturgici, quali ad esempio l’ambone e la pavimentazione, che risalgono probabilmente ad un’unica campagna di lavori (ibidem, 55). Si tratta, inoltre, dell’epoca di massimo sviluppo economico e demografico di Terracina, durante l’interregno tra Innocenzo IV (1195-1254) e Alessandro IV (1199-1261).

La colonna tortile «è ricoperta da sei fasce distinte di tarsie policrome in pasta vitrea oro, nero, rosso mattone, bianco e pochissimi tasselli blu notte» (Di Gioia 1982, p. 175). Il capitello corinzio, di notevole fattura, mostra un particolare interesse per l’antico; esso regge l’abaco che a sua volta sostiene il complesso terminale su cui poggiava il cero che veniva acceso durante la liturgia pasquale. Il terminale, composto da una coppa, «è il termine simbolico di tutta la composizione, che vede uniti i concetti di acqua e di fuoco cari al simbolismo cristiano della Resurrezione» (Ibidem).

Mentre La Blanchere, Longo e Reich attribuiscono l’opera a maestri Cosmati dell’area romana (La Blanchère 1983, p.179; Longo 1991, p. 41; Reich 1989, p. 55), secondo Parlato «sia la tipologia del candelabro, sia il trattamento delle parti propriamente scultoree evidenziano il riferimento alla bottega dei Vassalletto e, in particolare, al candelabro della cattedrale di Anagni, opera del più giovane membro di quella famiglia di marmorari. Testimonianza ulteriore della speciale posizione di Terracina e della sua cattedrale, che viene ad essere non solo il punto di scambio tra due culture diverse, ma anche un momento conclusivo della stagione romanica e inizio di quella gotica, proprio attraverso il fruttuoso innesto della cultura meridionale su quella romana» (Parlato 2001, p. 333). Dal punto di vista stilistico, infatti, i grafismi e gli stilemi rigidi della criniera e del muso richiamano anche modelli campani come il pulpito di Sessa Aurunca (Gianandrea 2006, p. 151).

Bibliografia

Aurigemma S., Bianchini A., De Santis A., Circeo, Terracina, Fondi, Roma 1957.

Bianchini A., Notizie sulla diocesi di Terracina e descrizione delle chiese della città, [S.I.] 1972.

Bianchini A., Storia di Terracina, Terracina 1952.

Di Gioia E., La cattedrale di Terracina, Roma 1982.

Gianandrea M., La scena del sacro. L'arredo liturgico nel Basso Lazio tra XI e XV secolo, Roma 2006.

La Blanchère M. R., Terracina. Saggio di storia locale, Gaeta 1983.

Longo P., Il Duomo di Terracina, Roma 1991.

Parlato E., Romano S., Roma e il Lazio. Il Romanico, Roma 2001.

Rech C., Terracina e il Medioevo: un punto di osservazione sul Primo Millennio alla fine del Secondo Millennio. Terracina, Sala Valadier, 29 giugno-31 ottobre 1989, Roma 1989.

Rossi A., Terracina e la palude pontina, Bergamo 1912. 

Autori

Elisabetta Masala