SERMONETA - Chiesa di San Michele Arcangelo - Gli affreschi
Gli affreschi
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Descrizione
Da una scala cinquecentesca, posta sul fondo della navata sinistra, si accede ad un ambiente voltato a botte posto inferiormente alla chiesa, in prossimità del presbiterio, che non è né una vera e propria cripta, né una vera e propria chiesa inferiore, ma probabilmente soltanto un piccolo vano dedicato al culto e che oggi funge da anticamera alla vera cripta decorata con affreschi seicenteschi [ 1 ].
Al di sotto di diversi strati di affreschi figurati quattrocenteschi è possibile scorgerne uno più antico che è presente su tutti i muri: si tratta di un motivo a finti conci rossi su fondo bianco [ 2-3 ]. La presenza di questa finta cortina sembra attestare il lavoro di maestranze cistercensi all’interno della chiesa, o comunque formatesi in seno alla loro cultura, a cui si devono i rifacimenti in chiave ‘gotica’ effettuati all’interno di tutto l’edificio. È possibile infatti ritrovare una decorazione simile negli ambienti della foresteria dell’abbazia di Fossanova, nel chiostro delle Tre Fontane, nel duomo di Anagni, anch’esso ristrutturato secondo modelli borgognoni, o in S. Pietro in Vineis, sempre ad Anagni, ristrutturato sempre dai Cistercensi (Mihalyi 1993, p. 481).
Il confronto più calzante, soprattutto per la strettissima vicinanza geografica, è quello con l’abbazia di Valvisciolo: in una delle volte della navata centrale si è conservata una decorazione analoga a commessure rosse su fondo bianco che simula sempre il motivo dei finti conci e che ritorna anche nella torre campanaria e nel chiostro (Cristino, Rispoli 1992, p. 192) [ 4 ]. Il finto paramento murario è una delle più comuni soluzioni adottate in epoca medievale per ricoprire la muratura ed è molto diffusa soprattutto nelle architetture dell’area transalpina, area di provenienza dell’ordine.
Gli affreschi che rappresentano La Vergine in trono, l’Annunciazione e santa Caterina sembrano risalire o alla fine del XIV secolo o agli inizi del XV secolo, per l’iconografia tarda delle mani giunte della Vergine annunciata. Si tratta di dipinti di non altissima qualità ma comunque interessanti perché riflesso di alcune tendenze pittoriche diffuse nella zona: possono essere messi in relazione con la produzione del terzo quarto del XIII secolo nelle zone di Priverno ed Amaseno che risentirono dell’influenza della scuola napoletana di stampo cavalliniano [ 5 ]. È possibile confrontare le figure di san Pietro e san Giovanni con il san Pietro vicino al fregio ad ‘S’ in S. Giovanni Evangelista di Priverno, mentre la figura del Battista di S. Michele Arcangelo trova un parallelo diretto con quello della Deesis affrescata nel santuario dell’Auricola (Romano 1992, pp. 368-369) [ 6 ]. Infine, è forse possibile accostarli con le rovinate figure di santi affrescate nella chiesa di S. Maria Maggiore di Ninfa, datati al 1380 ca. e anch’essi partecipi di quella cultura meridionale di stampo cavalliniano.
Bibliografia
Cristino G., Rispoli P., Ricostruzione storica dell’abbazia di Valvisciolo, << Rivista cistercense >>, 2 (1992), pp. 189-204.
Mihalyi M., Architettura dipinta nel territorio di Sermoneta: il caso di Valvisciolo, << Sermoneta e i Caetani: dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna: atti del convegno della Fondazione Camillo Caetani, Roma-Sermoneta, 16-19 giugno 1993 >>, a cura di L. Fiorani , Roma 1999, pp. 473-499.
Romano S., Eclissi di Roma: pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), Roma 1992.
Autori
Valeria Danesi