SERMONETA
Coordinate GPS: 41.548785,12.988973
Sottoschede
- Chiesa di San Michele Arcangelo
- Abbazia di Valvisciolo
- Collegiata di Santa Maria Assunta
- Castello Caetani
Descrizione
La città di Sermoneta era inclusa, insieme ai centri di Civita Lavinia, Velletri, Cori, Sezze, Priverno e Terracina, all’interno del territorio della Marittima, in un’area delimitata dal corso del basso Tevere, dai monti Lepini, dal monte Circeo e dal mar Tirreno. Contrariamente alla Campagna, qui non si creò mai un’unità amministrativa dello stato pontificio (Falco 1988, p. 409). Sermoneta si trova arroccata su una propaggine del monte Carbolino, sui monti Lepini, in una posizione dominante rispetto ai confini dell’antico feudo che da Cisterna arrivava fino a Sezze. Gran parte delle notizie di cui disponiamo oggi riguardo la città si devono al canonico Pietro Pantanelli (1710-1787), fonte di preziose informazioni circa la storia, l’arte e le vicende architettoniche dell’edilizia sermonetana. Secondo alcune tradizioni, la cittadina accoglie idealmente l’eredità della statio romana di Tres Tabernae (Longo, Sassoli 1992, p. 7), mentre altre la ricollegano all’antica Sulmo Romanorum citata da Virgilio nell’Eneide (Dionisi 1968, pp. 73-74); il primo accenno si deve in ogni caso a Plinio il Vecchio che la annoverò tra le città del Lazio che si ribellarono a Tullio Ostilio (Fino 1980, p. 7).
Col passare del tempo, diversi nomi sono stati riferiti alla città nei documenti e nelle fonti: Pirro Ligorio, nel XVI secolo, la identificò con l’arcaica Sulmone, altri associarono il nome all’antica 'Serra Moneta', mentre Pantanelli volle riferire l’antica Sulmo all’attuale Sora, ricostruita dagli Etruschi (Pantanelli 1908-1911, pp. 106-107; Fusco 1998, pp. 13-19). Duranteil periodo romano furono edificati con certezza due templi, uno dedicato alla dea Cibele – sulla quale venne poi edificata la collegiata di S. Maria Assunta – e uno dedicato alla dea Maia, le cui rovine, secondo Pantanelli, furono rinvenuti nei pressi di S. Michele Arcangelo (Pantanelli 1908-1911, pp. 139-149).
La conferma che la città fu anche sede vescovile tra il VI e il VII sec. ci è fornita da un documento conservato nell’archivio dell’abbazia di Valvisciolo relativo al Sinodo romano indetto nel 449 da papa Simmaco (498-514) in cui compare, tra gli altri vescovi latini, anche il nome di Palladio vescovo di Sermoneta (Fino 1980, p.13).
Dopo le invasioni barbariche, la città fu interessata da un lento declino; in tale occasione è probabile che gli abitanti della pianura si fossero rifugiati sulle colline e sui monti limitrofi dando avvio alla nascita del borgo medievale (Dionisi 1968, p. 79). Nel 1116, all’interno del Liber Pontificalis, la città è citata al fianco di Ninfa e Tivera, che si ribellarono al pontefice Pasquale II (1099-1118). La ripresa della città sembra essere avvenuta solo intorno al 1150 con l’affidamento di tutta l’area alla diocesi di Terracina da parte del papa Eugenio III (1145-1153), dopo che la signoria dei Conti si era precedentemente insediata in città dopo l’invasione di Lando Maggiore di Ceccano (Fino 1980, p. 8; Fusco 1998, p. 31). Tra il XII e il XIII secolo, attorno all’area di Ninfa, gravitarono importanti ordini monastici che testimoniano l’importanza di questa zona a livello storico-politico, spirituale e culturale nel tardo Medioevo. Centrale fu il ruolo assunto dall’ordine cistercense che, coadiuvato dall’opera dei Florensi e dei Templari, anch’essi in stretta correlazione con l’ordine di S. Bernardo, attuò un processo di rinnovamento di ampia portata all’interno delle preesistenti istituzioni religiose, economiche e culturali. Così, tra il XII e il XIII secolo, i Cistercensi occuparono siti che, nella maggior parte dei casi, versavano in stato di decadenza: la loro opera di riqualifica diede il via a un rinnovamento agricolo, economico e architettonico della regione. Il loro ruolo risulta quindi centrale nelle regioni della Campagna e Marittima che furono teatro della politica di rafforzamento dell’autorità papale inaugurata da Innocenzo III (1198-1216) e perseguita poi dai suoi successori: la zona costituiva un baluardo rivolto verso il Regno di Sicilia ma anche un’eventuale via di penetrazione offerta alle mire espansionistiche del papato. La decisione del pontefice di rivolgersi ai Cistercensi o ad altri ordini ad essi legati si basava anche sulla volontà di promuovere il razionale sviluppo della Marittima, caratterizzata dalla presenza di luoghi desertici e paludosi che, una volta bonificati, avrebbero acquisito un preciso ruolo all’interno dello sviluppo economico. I Cistercensi, ad esempio, seppero inserirsi nel territorio con una funzione attiva, generando una serie di radicali cambiamenti sia nell’ambito delle tecniche di coltivazione, sia nel contesto economico-sociale connesso all’accresciuto sfruttamento delle risorse agricole. Nel Lazio l’intervento di maestranze cistercensi è riconoscibile lungo tutto l’asse viario pedemontano che da Fossanova attraverso Priverno e Sezze giungeva sino a Sermoneta, trovando alimento nelle fondazioni di Marmosolio, Valvisciolo e Monte Mirteto. Interessanti segni del diffondersi di questo particolare linguaggio architettonico sono le chiese di S. Maria Assunta e di S. Michele di Sermoneta.
La realizzazione di un primo impianto difensivo e il vero e proprio incastellamento di Sermoneta è in relazione con il periodo di dominazione città da parte degli Annibaldi che, a partire dal 1264, seguirono un serrato piano di sviluppo ed espansione locale che raggiunse l’apice soprattutto per opera del cardinal Riccardo, figlio di Pietro Annibaldi, il quale, sposando una sorella di Innocenzo III, si era indissolubilmente imparentato con il pontefice (Vendittelli 1993, pp. 20-25).
Sermoneta vantava una certa importanza strategica in quel momento per via della sua posizione dominante e centrale per il controllo politico e militare degli Annibaldi sulla Marittima. Successivamente, Riccardo Annibaldi della Molara, cardinale di Sant’Angelo, il cui nome compare nei regesti per la donazione della tenuta di S. Lorenzo alla collegiata di S. Maria Assunta, ottenne nel marzo del 1273 da parte di Gregorio IX (1227-1241) il titolo di barone con l’assegnazione della signoria di Sermoneta (Longo, Sassoli 1992, p. 7).
Riccardo mise mano alla costruzione della rocca che doveva presentarsi molto più piccola rispetto all’attuale castello e l’intero abitato era circoscritto alla parte alta della cittadina. Con lo sviluppo del nucleo urbano si accentuò anche il carattere militare e difensivo della stessa. Delle antiche mura non rimane oggi che qualche traccia riscontrabile, ad esempio, nella torre Valeria e nella porta Annibaldi.
In questo periodo la cittadella mantenne stretti rapporti con la vicina Valvisciolo, confermati da lasciti del 1247 della comunità locale alla nuova abbazia cistercense (Ciammarucconi 1998, pp. 92-93, 95-96). Questi legami innescarono la diffusione e l’influsso di determinati caratteri artistico-architettonici del nuovo linguaggio cistercense/borgognone.
Il dominio degli Annibaldi sulla Marittima cominciò a vacillare con l’aggravarsi della pressione espansionistica della famiglia Caetani, la quale divenne inarrestabile con l’elezione al soglio pontificio del cardinale Benedetto nel 1294 con il nome di Bonifacio VIII (1294-1303).
In seguito alla morte di Riccardo Annibaldi, il 22 aprile del 1297, Annibaldo e Giovanni Annibaldi furono perciò costretti a cedere a Pietro Caetani, conte di Caserta e nipote del pontefice, il territorio di Sermoneta, dietro versamento di 14.000 fiorini d’oro. Successivamente, nell’arco di cinque anni, gli Annibaldi cedettero anche la città e il castello di Bassiano, il Castrum Dirutum di S. Donato e gran parte dei territori di Norma; solamente Ninfa si era spontaneamente venduta al papa per 200.000 fiorini (Longo, Sassoli 1992, p. 7). Altre cessioni di proprietà sono confermate da sette atti di vendita e da una serie di documenti compresi tra il 29 aprile 1297 e il 16 ottobre 1299 (Vendittelli 1993, pp. 25-27).
La politica di acquisizione dei territori della Marittima da parte dei Caetani costò in totale 400.000 fiorini, comprensivi dell’acquisizione dei diritti feudali e giurisdizionali del territorio.
L’acquisto dei territori della zona fu voluto da Bonifacio VIII, il quale, il 14 ottobre del 1299, rientrando a Roma da Anagni, decise di passare per i 'castra sua de marittima'. In seguito all’acquisto, il possesso del nuovo dominio di Sermoneta non fu preso personalmente da Pietro Caetani, bensì concesso a Catenazio, cavaliere di Anagni, nel 1297 (Longo, Sassoli 1992, p. 7).
Tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo le aree della Campagna e della Marittima entrarono così a far parte, quasi per intero, delle proprietà della famiglia Caetani la quale ottenne in tal modo il dominio completo sull’intera area che si estendeva tra la fascia mediana dei Lepini e la costa tirrenica (fino alla località di Foce Verde e al promontorio del Circeo) e sulle tre gradi vie di comunicazione che attraversavano la provincia: la via Appia, con le città di Ninfa, Norma, Sermoneta, Bassiano e San Donato, la via Latina, lungo la valle del fiume sacco, con Anagni, Pofi, Gavignano, Sgurgola e Falvaterra e infine la via di Subiaco, lungo i corsi dei fiumi Cosa e Aniene, con Porziano, Trevirigliano, Torre, Trevi, Filettino e Vallepietra.
Loffredo III, pronipote del pontefice, fu posto a capo di tutta la provincia in qualità di rettore della Campagna e della Marittima (Falco 1988, pp. 568-569).
Di tutta la famiglia Caetani solamente Francesco soggiornò nel castello negli ultimi anni della sua vita fino alla morte sopraggiunta nel 1332. In questo periodo furono alzati, sul lato meridionale, il torrione di rappresentanza e la cosiddetta 'sala dei baroni' (Pistilli 2004, p. 83).
Il periodo che va dalla seconda metà del XIII secolo all’inizio del XV, segnato in particolare dalle devastazioni degli abitanti di Ninfa e Norma e da lotte familiari, coinvolse i feudi Caetani in un progressivo decadimento anche in campo artistico. Un segnale di ripresa comincia ad apparire intorno al 1401 con l’affidamento della Marittima a Giacomo II Caetani, capostipite della casata sermonetana, e con le testimonianze dell’attività artistica di Pietro Coleberti da Priverno, pittore aggiornato alle nuove tendenze stilistiche umbro-marchigiane, tra il 1422 e il 1427, forse strettamente legato alle committenze della famiglia (Pistilli 2004, p. 91).
La cittadina conobbe un certo sviluppo tra il XII e XIV secolo, soprattutto con il rafforzamento dei tratti di mura sud e ovest, maggiormente esposti. Sono state individuate almeno tre fasi dell’attività edilizia, delle quali la prima, nei secoli XII-XIII, presenta l’utilizzo di tecniche murarie che seguono il modello dell’architettura difensiva ed ecclesiastica, come ad esempio quella della collegiata di Santa Maria Assunta (Vaudo 2001, p. 113). La riorganizzazione dell’assetto urbanistico si deve invece ad Onorato III Caetani, che tra il 1448 e il 1451 ampliò il maniero del castello e il perimetro cittadino con l’inclusione di Torrenuova e fece costruire la loggia pubblica [1]. Una serie di interventi eseguiti sul castello mutarono l’aspetto dell’intera rocca che venne così a configurarsi come un ampio castello recintato con una grande ala residenziale e l’inserimento di nuovi caseggiati nella cinta muraria. Il nuovo aspetto dato alla cittadella da Onorato III doveva essere ben conosciuto da Benozzo Gozzoli, che lo riportò in modo del tutto fedele nella tavola conservata nella collegiata, per questo datata non oltre il 1458, che offre uno spaccato interessante della Sermoneta del XV secolo, rimasta invariata nell’età moderna (Vaudo 2001, p. 109).
Il dominio dei Caetani su Sermoneta [2] veniva definitivamente sancito e la potente famiglia era destinata a conservare a lungo il suo potere su questi territori. Unica parentesi al di fuori del controllo dei Caetani si ebbe nel momento in cui la città fu confiscata ai discendenti di Pietro II e affidata da Alessandro VI (1492-1503) alla figlia Lucrezia e al nipote Rodrigo tra il 1499 e il 1504 (Vendittelli 1993, pp. 25-27).
Bibliografia
Ciammarucconi C., Da Marmosolio a Valvisciolo. Storia di un insediamento cistercense nella Marittima medievale (XII-XVI), Sermoneta 1998
Dionisi F., Sermoneta e la sua rocca, «Rassegna del Lazio», XV (1968), 7-8, pp. 73-96
Falco G., I comuni della Campagna e della Marittima nel Medio Evo, I. Le origini e il
primo comune (sec. XI-XII), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», XLII (1919), pp. 537-605
Falco G., I comuni della Campagna e della Marittima nel Medio Evo, II. La maturità del comune (sec. XII), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», XLVII (1924), pp. 117-187
Falco G., Studi sulla storia del Lazio nel Medioevo («Miscellanea della Società Romana di Storia Patria», 24), Roma 1988
Fusco V., Viaggio nel passato millenario di una città, [s. l.] 1998
Longo P., Sassoli F., Sermoneta, Roma 1992
Pantanelli P., Notizie storiche della terra di Sermoneta, edite da L. Caetani, Roma 1908-1911
Pistilli P.F., Arte e architettura nei domini Caetani nella Marittima, in Bonifacio VIII, i Caetani e la storia del Lazio, «Atti del Convegno di studi storici, Roma, Palazzo Caetani, 30 novembre 2000, Latina, Palazzo “M”, 1 dicembre 2000, Sermoneta, Castello Caetani, 2 dicembre 2000», Roma 2004, pp. 81-116
Vaudo C., L’edilizia abitativa medievale di Sermoneta, in Case e torri medievali. II, «Atti del III Convegno di Studi, Città della Pieve, 1996», a cura di E. De Minicis, E. Guidoni, Roma 2001, pp. 106-117
Vendittelli M., «Domini» e «universitas castri» a Sermoneta nei secoli XIII e XIV. Gli statuti castellani del 1271 con le aggiunte e le riforme del 1304 e del secolo XV («Studi e documenti d’archivio», 3), Roma 1993
Autori
Federica Bottura
Valeria Danesi
Angelica Gimbo
Flavia Scaperia