SERMONETA - Collegiata di Santa Maria Assunta

Collegiata di Santa Maria Assunta

Coordinate GPS: 41.548492,12.986226

Sottoschede

Immagini


1) Pianta della chiesa ante 1230 (da Bellanca 1999).

2) Navata centrale, muro nord (foto Autore).

3) Chiesa, interno, imposte degli archi della fase 'romanica' (foto Autore).

4) Ninfa, chiesa di San Pietro, pianta del XII secolo (da BELLANCA 1999).

5) Chiesa, frammenti degli affreschi sulla superficie dei pilastri romanici e particolare (foto Autore).

6) Chiesa, frammenti degli affreschi sulla superficie dei pilastri romanici e particolare (foto Autore).

7) Chiesa, frammenti degli affreschi sulla superficie dei pilastri romanici e particolare (foto Autore).

8) Chiesa, esterno, base del campanile, particolare della muratura (foto Autore).

9) Chiesa, esterno, terza cappella lato nord (foto Autore).

10) Chiesa, interno (foto Autore).

11) Pianta della chiesa (da BELLANCA 1999).

12) Chiesa, interno, pilastri (foto Autore).

13) Chiesa, navata nord.

14) Chiesa, interno, navata nord.

15) Chiesa, interno, navata centrale (foto Autore).

16) Chiesa, interno, prima campata sinistra (foto Autore).

17) Chiesa, interno, prima campata destra (foto Autore).

18) Chiesa, portico d’ingresso (foto Autore).

19) Chiesa, esterno, veduta del muro sud (foto Autore).

20) Chiesa, lunetta del portale d’ingresso (foto Autore).

21) Chiesa, affresco della controfacciata (foto Autore).

22) Chiesa, interno, Madonna degli Angeli di Benozzo Gozzoli (foto Alinari).

23) Chiesa, interno, Madonna degli Angeli di Benozzo Gozzoli, particolare (foto Alinari).

24) Ceccano, chiesa di San Nicola, interno (foto Autore).

25) Chiesa, portico d’ingresso (foto Autore).

Descrizione

Secondo la tradizione, il nucleo originario della chiesa di Santa Maria Assunta fu costruito sulle rovine di un tempio dedicato alla dea Cibele, il cui culto dovette protrarsi almeno sino all’inoltrato V secolo (Longo, Sassoli 1992, p. 23). Prima di acquisire l’aspetto 'gotico' visibile oggi, essa doveva configurarsi come una chiesa a tre navate, di cui le laterali di altezza e ampiezza minori della centrale, suddivise in nove campate per ciascun lato da sedici massicci pilastri quadrangolari [Fig. 1].

Lungo le pareti della navata centrale si aprivano diciotto monofore, e altre, più piccole, lungo i muri esterni delle navatelle [Fig. 2], mentre le imposte degli archi, ancora visibili all’interno delle prime due campate [Fig. 3], suggeriscono che la copertura dell’edificio fosse in origine di altezza inferiore all’attuale (Tamanti 1975, pp. 82-83).

Non è da escludersi inoltre che la chiesa presentasse una terminazione absidale semicircolare, simile per proporzioni alla chiesa di S. Pietro a Ninfa [Fig. 4] (Bellanca 1999, p. 406). 

Le superfici dei pilastri dovevano essere ricoperte di affreschi le cui tracce risultano oggi appena visibili attraverso alcune fessure tra la superficie rivolta verso la navata centrale e i semipilastri gotici ad essa addossati [Figg. 5-7].

A questa prima fase costruttiva risalgono verosimilmente anche i frammenti dell’arredo liturgico conservati all’interno dell'edificio, la terza cappella sul lato nord e il campanile, questi ultimi con paramento murario apparentemente affine ma di differente lavorazione, con filari regolari di mattoni e grossi conci angolari di pietra, indizio che entrambi erano in origine liberi su tre lati [Figg. 8-9] (Tamanti 1975, p. 84).

Nel corso del XII secolo la chiesa assunse le forme 'gotiche' dell’architettura cistercense ancora evidenti nonostante i successivi rimaneggiamenti [Fig. 10]. A tale intervento si deve per lo più una sostanziale variazione della planimetria e la sovrapposizione delle nuove strutture al precedente organismo [Fig. 11]. Ciò è abbastanza evidente nella scelta di creare una spazialità più ampia e unitaria e un maggior slancio verticale dell’intera struttura mediante l’abolizione di alcuni pilastri e la sostituzione dell’antica copertura lignea nella navata centrale con una successione di campate coperte da volte a crociera e scandite da archi trasversi acuti. Questo nuovo sistema di volte richiese pertanto l’addossamento di nuovi semipilastri a quelli già esistenti e, nei primi due, anche di due semicolonne rivolte verso la navata centrale e verso la navatella destra [Fig. 12]. Questa tipologia di pilastro prismatico fu introdotta a Valvisciolo nel XII secolo e ripresa successivamente in altri esempi della medesima area, ad esempio nel duomo di Sezze (Cristino, Rispoli 1993, p. 141).

Un radicale cambiamento fu operato inoltre lungo le navate laterali mediante la netta riduzione delle campate e l’introduzione anche qui di volte a crociera per scandire la nuova successione [Fig. 13].

A terminazione delle navate doveva esservi un coro quadrato affiancato da due cappelle, non dissimile da quello del rifacimento seicentesco.

La seconda fase costruttiva, ancora perfettamente distinguibile, fin dall’inizio mancò di omogeneità: una reale uniformità strutturale esiste difatti solo nella navata centrale e in quella di destra, con la successione regolare in cinque campate ciascuna, coperte da crociera liscia e scandite da archi trasversi costruiti con conci di pietra perfettamente squadrati. La navata sinistra al contrario è coperta da basse volte unghiate, mal connesse con i semipilastri (molti dei quali oggi interrotti) addossati alla parete più esterna dove si aprono oggi le cappelle [Fig. 14] (Bellanca 1999, p. 408). Le arcate a tutto sesto che dividono la navata centrale dalle laterali sono peraltro di diversa ampiezza e altezza sia tra una campata e l’altra sia tra i due lati della navata centrale [Fig. 15]; probabilmente solo gli archi della prima campata sono effettivamente cistercensi, mentre il secondo e il terzo sulla sinistra potrebbero essere stati chiusi nel XVIII secolo e gli ultimi riportati all’altezza originaria nel secolo successivo (Tamanti 1975, p. 87).

La conformazione della prima campata di ciascuna navata, di ampiezza nettamente inferiore rispetto alle successive, le imposte degli archi romanici ancora visibili all’interno delle attuali arcate, di uguale ampiezza, ma non altezza, rispetto a quelle attuali [Figg. 16-17] nonché le tracce delle imposte ancora presenti lungo il muro nord della navatella sinistra [Fig. 14], sono tra i pochi indizi rimasti a nostra disposizione per la ricostruzione della planimetria dell’edificio precedente.

Questo doveva pertanto configurarsi come una chiesa a tre navate, dove a ciascuna campata della navata centrale ne corrispondevano due laterali di ampiezza corrispondente alle prime due oggi rimaste.

Alla facciata fu in seguito addossato l’attuale portico che precede la sola navata centrale e si presenta con una struttura quadrangolare con archi acuti a ghiere rientranti aperti sui lati ovest e nord [Fig. 18]. Il paramento murario simile ai semipilastri e agli archi delle navate interne e la lavorazione degli apparati scultorei permettono di riferirlo a questa seconda fase. Sempre riferibili ad architetti di formazione cistercense sono le volte estradossate ancora leggibili lungo i prospetti settentrionale e meridionale dell’edificio, che suggeriscono all’esterno l’articolazione spaziale interna [Fig. 19] (Bellanca 1999, pp. 402-413). 

Un terminus ante quem per l’edificazione della primitiva struttura può essere circoscritto ad un periodo compreso tra il 1104 e il 1128, quando la chiesa fu totalmente distrutta durante le lotte tra i signori di Ceccano e quelli di Sermoneta; la notizia è riportata da Pantanelli con una datazione inesatta al 1030 (Pantanelli 1908-1911, p. 72) che la critica ha successivamente corretto e ricondotto al XII secolo (Tamanti 1975, p. 75; Fusco 1998, p. 31; Barelli 1999, p. 429, n. 16).

Ad ogni modo, a seguito di tale distruzione, un documento del 1169 relativo ad un donativo dei signori di Bassano al Capitolo di S. Maria, sembra suggerire che in questo periodo si stesse già procedendo ad una raccolta di fondi per un’ingente ristrutturazione (Pantanelli 1908-1911, p. 219).

Tra i documenti riportati dal canonico sermonetano si ricavano inoltre i probabili limiti cronologici per la datazione dell’intervento cistercense: il 1266 e il 1289, emersi rispettivamente da un lascito del canonico Giovanni Sapiente «pro reparatione ecclesia» e da uno di Riccardo Annibaldi «pro ornamentis, et edificiis, et luminaribus» (Pantanelli 1908-1911, pp. 304-305, 329). È assai probabile tuttavia che una buona parte della ristrutturazione dell’edificio fosse già stata ultimata intorno al 1235, anno in cui i canonici, in seguito al trasferimento degli offici religiosi nella chiesa di S. Pietro in Corte, chiesero di riprendere possesso della struttura (Pantanelli 1908-1911, p. 175).

Se si accetta tale soluzione, alle vicende costruttive dell’edificio sarebbero da imputare due fasi di epoca romanica, prima e dopo il 1169 o, più verosimilmente, una lenta ricostruzione avvenuta, a più riprese, in un periodo compreso proprio tra il 1169 sino alla fine del XIII secolo, con una brusca interruzione dei lavori che lasciò incompleta la sistemazione della navata sinistra (Tamanti 1975, p. 75; Fino 1980, p. 13; Longo, Sassoli 1992, p. 23; Bellanca 1999, pp. 405-406).

Le alterne vicende subite dai feudi Caetani fino all’inizio del XV secolo segnano la desolazione di tutta l’area sino al 1401, termine del conflitto tra Norma e Ninfa. L’affresco del XV secolo nella lunetta del portale attribuito a Pietro Coleberti di Priverno [Fig. 20] (Bertini Calosso 1920, p. 33; 8, pp. 185-232), segnò il risveglio dell’attività artistica. Nei successivi due secoli, la chiesa subì numerose modifiche tra cui l’apertura di una serie di cappelle di famiglia lungo le navate laterali, la ricostruzione del coro rettangolare, la realizzazione degli affreschi in controfacciata e nel coro [Fig. 21], (Pantanelli 1908-1911, p. 83; Fusco 1998, p. 44 Longo, Sassoli 1999, pp. 27-28, 31-36; Borsellino 1999).

Il progressivo abbandono dell’edificio portò infine al trasferimento dell’arcipretura e del Capitolo presso la collegiata di S. Pietro, nel cortile del Castello. Nel 1734 si effettuarono i primi lavori di restauro, giudicati 'rozzi e scorretti', che si susseguirono sino al 1829. Solo nel 1973 si effettuò la rimozione dell’intonacatura settecentesca che riportò a vista le antiche strutture dei pilastri e degli archi. Una particolare attenzione merita infine la pala d’altare della cappella de Marchis con la Madonna degli Angeli, attribuita a Benozzo Gozzoli e datata intorno al 1456: nella pala si è infatti riconosciuta la più antica raffigurazione della città di Sermoneta e sono chiaramente distinguibili la collegiata, il campanile, le mura, la torre di S. Lorenzo, la chiesetta di S. Angelo e le case del borgo [Figg. 22-23]  (Pantanelli 1908-1911, p. 472; Raponi 1988, p. 112; Cirulli 2002, pp. 230-237; Pantalfini 2012, pp. 241-242).

La facies duecentesca della chiesa dell’Assunta ha suscitato negli anni l’interesse di molti studiosi che la inclusero nel più ampio quadro dell’architettura cistercense del basso Lazio, sulla scia avviata da Enlart che per primo, seguito poi dal Muñoz, propose l’inserimento della struttura in un gruppo di chiese riconducibili alla cosiddetta «Scuola di Fossanova», cantiere che esercitò una forte influenza sulle maestranze laiche che qui operarono a partire almeno dal secondo quarto del XII secolo (Enlart 1894, pp. 139-140; Muñoz 1911, pp. 75-103). Enlart peraltro restrinse la datazione dell’intervento al 1235, in seguito allo stato di abbandono in cui versava l’edificio dopo la distruzione del XII secolo (Enlart 1894, pp. 138-142).

Di diversa opinione fu Wagner-Rieger, che propose un confronto più stringente dell’edificio con la vicina abbazia di Valvisciolo (1177-1183) per la presunta esistenza dei cavalieri Templari in entrambe le strutture e per i massicci pilastri che inglobarono quelli antichi, secondo una tecnica riconducibile al caso di Vaux-de-Cernay e ripresa in seguito in un gruppo omogeneo di chiese del basso Lazio, tra cui il duomo di Sora, S. Nicola a Ceccano [Fig. 24] e S. Pietro a Fondi (Wagner Rieger 1956, p. 82; Cadei 1978, p. 285; Raymondi 1905; Donofrio, Pietrangeli 1969, pp. 275-290; De Sanctis 1999, pp. 435-472).

Successivamente la ricostruzione duecentesca dell’edificio fu attribuita ai monaci florensi, attivi nella città tra il 1230 e il 1240 e collegati con certezza alla chiesa di S. Maria a Monte Mirteto (Tamanti 1975, pp. 88-89; Arcidiacono 1975, p. 69).

Recentemente sono stati ipotizzati almeno due momenti distinti di un cantiere cistercense mai portato a termine, data l’interruzione della partitura decorativa nella prima campata invece che prolungata sino alla zona absidale, come a Priverno, Sezze e Fossanova (Bellanca 1999, pp. 403-419).

Il riferimento a maestranze cistercensi è comunque confermato dal rigido schema modulare della planimetria così come dai rapporti tra le navate, la scansione degli archi trasversi e l’adozione di un coro quadrangolare; tali caratteristiche comprovano inoltre lo sviluppo di una rete stilistica propagata da Fossanova (Serafini 1924; Parziale 2007) e sviluppatasi in numerosi altri cantieri lungo l’asse Priverno-Sezze e fino a Sermoneta, attingendo agli esempi di Marmosolio e Valvisciolo (De Sanctis 1999, pp. 471-472; Pardo 2002, pp. 249-269).

Si può tuttavia restringere il campo dei raffronti alle altre due chiese sermonetane di S. Michele Arcangelo e S. Nicola; entrambe le strutture presentano difatti caratteristiche del tutto affini nella plastica e nelle strutture architettoniche, nei peducci pensili e nel portico d’ingresso – nel caso di S. Michele [Fig. 25] –, che hanno fatto propendere per un’attribuzione degli interventi alle stesse maestranze di S. Maria Assunta attive verso la metà del XIII secolo (Arcidiacono 1975, pp. 63-65; Bozzoni 1999, p. 389). Piuttosto curioso è poi che sia S. Nicola sia l’Assunta presentano una scansione spaziale uniforme solamente nella navata centrale e in quella di sinistra (Bozzoni 1999, p. 390). Le affinità così stringenti con le altre chiese sermonetane dimostrano, in ogni caso, che verso la metà del Duecento un gruppo di maestranze locali, educate alla maniera costruttiva dei Cistercensi, diede avvio a una serie di interventi di trasformazione delle chiese della città, seguendo il modello ben consolidato in tutta l’area e già utilizzato nella chiesa madre.

Bibliografia

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Autori

Flavia Scarperia