SERMONETA - Collegiata di Santa Maria Assunta - Il campanile

Il campanile

Coordinate GPS: 41.548492,12.986226

Immagini


1) Esterno, veduta del lato nord, il campanile (foto Autore).

2) Campanile, particolare della muratura.

3) Montebuono (RI), chiesa di San Pietro, campanile (www.itesoridellazio.it).

4) Campanile, particolare della cornice marcapiano (foto Autore).

5) Campanile, lato nord (foto Autore).

6) Campanile, lati ovest (foto Autore).

7) Campanile, lato sud (foto Autore).

8) Campanile, esterno (foto Autore).

9) Campanile, particolare delle bifore (foto Autore).

10) Campanile, particolare delle bifore (foto Autore).

11) Rieti, cattedrale di Santa Maria Assunta, campanile (www.medioevo.org).

12) Gennazzano (RM), chiesa di San Paolo, campanile (www.prolocogennazzano.it)

13) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, campanile, edicola (foto Autore).

14) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, campanile, tracce di affresco all’interno dell’edicola (foto Autore).

15) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, campanile, bacini ceramici (foto Autore).

16) Roma, chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, bacino ceramico del campanile (http://www.alessandrojazeolla.info/__Illustrazioni/img_galleria/SCRO/SCRO.htm).

17) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, iscrizione del portico (foto Autore).

18) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, particolare della pala di Benozzo Gozzoli (foto Autore).

19) Sermoneta, chiesa di Santa Maria Assunta, fotografia antecedente ai restauri degli anni ‘40 (foto archivio Caetani).

20) Basanello (VT), chiesa di San Salvatore, campanile (www.tesoridellazio.it).

Descrizione

Il campanile, a base quadrata e con un’altezza di m 24, è diviso all’esterno in sei piani, mentre all’interno c’è un unico vano aperto. L’intero paramento murario, costituito da corsi regolari di mattoni e rinforzato agli angoli da grossi blocchi di pietra, appare del tutto affine a quello della terza cappella della navata nord, ancora visibile dalla piazzetta di S. Maria [Figg. 1-2]. Ciò nonostante, sono distinguibili alcune discrepanze, tra cui la più grossolana lavorazione della superficie dei mattoni e la mancanza della medesima regolarità nei rapporti tra i filari di mattoni e le pietre angolari. Questo tipo di muratura è stata ad ogni modo accostata alle chiese di S. Pietro a Montebuono [Fig. 3] e S. Maria Assunta a Tarano (RI) (Serafini 1927, p. 21).

La scansione dei livelli è ottenuta da cornicioni marcapiano formati da mensole aggettanti tra due riseghe di dentelli e filari di cotto [Fig. 4]. Il piano del basamento appare più alto di almeno il doppio degli altri e presenta solamente una stretta feritoia, una croce e un bacino ceramico sul lato nord, tre croci in laterizio sul lato ovest e la piccola porta d’accesso sul lato sud [Figg. 5-7]. Quest’ultima fu murata nel XVII secolo per la creazione di un nuovo accesso sul lato orientale e riaperta in occasione degli ultimi restauri. Man mano che si procede verso l’alto, ciascun piano è occupato da una bifora a colonnine binate con pulvino mensoliforme, il cui profilo è delineato da cornici semplici di filari di mattoni e dentelli [Figg. 8-10].

Le colonnine sono confrontabili con quelle dei campanili delle cattedrali di Palestrina e di Rieti e della chiesa di S. Paolo a Genazzano [Figg. 11-12], dove sono presenti capitelli di identica fattura e le basi delle colonnine in forma di parallelepipedo, secondo una linea stilistica ben precisa che, attraverso l’esempio di Sermoneta, avrebbe poi trovato una sua evoluzione nel campanile del duomo di Terracina (Serafini 1927, pp. 121, 206).

L’unica eccezione riguarda il fronte nord del primo piano, prospiciente la piazza, in cui la bifora è sostituita da un’edicola a due archi sovrapposti – uno a tutto sesto e l’altro a sesto acuto – sostenuta da due colonnine che poggiano su mensole sporgenti dalla cornice marcapiano [Fig. 13]. All’interno dell’edicola sono ancora visibili, seppur del tutto illeggibili, tracce di quell’affresco che, stando alle fonti, doveva raffigurare la Vergine con il Bambino tra i santi Pietro e Paolo, attribuito, senza alcun fondamento, alla mano di Giotto o Cimabue [Fig. 14] (Pantanelli 1908-1911, p. 78; Raymondi, Corniola 1893, p. 71). La scelta dell’arco acuto portò a considerare l’edicola come un’aggiunta del XIII secolo, se non più tarda (Serafini 1927, p. 21); anche se essa fu inserita semplicemente grazie all’influenza di maestranze campane, così come avvenne in alcuni campanili romani, SS. Giovanni e Paolo, S. Francesca Romana e Santa Croce in Gerusalemme, in ciascuno dei quali si riscontra la presenza dell’edicola (Tamanti 1975, p. 78), sebbene di fattura non del tutto simile, di minori dimensioni e talvolta posta in una diversa posizione rispetto all’esempio sermonetano.

La superficie muraria è infine abbellita e vivacizzata da bacini ceramici inquadrati da cornici circolari di mattoni [Fig. 15], accostati agli esempi romani di S. Maria della Luce in Trastevere, S. Maria Maggiore e Santa Croce in Gerusalemme [Fig. 16] (Serafini 1927, p. 239). Non mancano in ogni caso numerosi altri esempi coevi nell’Urbe quali S. Prassede, S. Bartolomeo all’Isola, Ss. Giovanni e Paolo, con impiego prevalente di ceramiche islamiche e magrebine, e ulteriori casi rintracciabili su tutto il territorio laziale come S. Pietro a Tuscania o la cattedrale di Terracina (Ghidoli 1991, p. 851).

La struttura doveva presentare in origine anche un coronamento piramidale, distrutto nel 1567 da un fulmine che danneggiò anche un piano del campanile (Pantanelli 1908-1911, p. 78; Raymondi, Corniola 1893, p. 71). L’episodio è ricordato in un’iscrizione incisa sul portico d’ingresso alla chiesa: «1567 LO TRONE DETTE AL CAPANILE» [Fig. 17]. La pala attribuita a Benozzo Gozzoli, conservata all’interno della chiesa, restituisce una precisa e fedele immagine del campanile nella sua conformazione precedente a tale evento [Fig. 18]; inoltre è possibile notare, all’estrema sinistra, anche il piccolo campanile della chiesa di S. Michele Arcangelo, del tutto affine, se pur di minori dimensioni, a quello della collegiata.

Nel 1400 la struttura, dapprima quasi certamente isolata come dimostrano i conci di pietra angolari sugli spigoli nord e ovest, venne accorpata alla chiesa mediante l’apertura di una nuova porta d’accesso che immetteva nell’adiacente cappella di S. Pietro, appena costruita, con la conseguente chiusura dell’antico accesso sul lato sud. L’ipotesi avanzata da Serafini, secondo cui il campanile, in origine isolato, si trovasse davanti alla facciata della chiesa romanica alla quale venne in seguito cambiato l’orientamento, è stata progressivamente smentita: in base all’andamento dei pilastri romanici è stato dimostrato che il campanile poteva sì presentarsi in origine come corpo isolato, ma che un diverso orientamento dell’edificio non fosse possibile (Tamanti 1975, p. 76). Non è da escludersi però che la struttura fosse stata costruita affianco all’antica facciata romanica sul lato ovest, oggi sostituita dal portico cistercense.

Il campanile è stato oggetto negli anni Quaranta di un corposo e mirato intervento di restauro reso necessario dallo stato degradante in cui versava, dovuto per lo più a maldestri restauri precedenti e all’allungamento del muro di facciata della chiesa come contrafforte al campanile, quando fu aperta la cappella adiacente. In tale occasione furono sistemate e integrate le cornici marcapiano rotte o abrase, gli archetti delle bifore spaccati e le scodelle di maiolica mancanti. Furono inoltre murate alcune bifore o aperte nuove luci, rimosso l’orologio inserito in precedenza sulla muratura [Fig. 18] e riaperta l’antica porta dì ingresso (1941-1942, pp. 299-300).

Serafini propose una datazione del campanile alla fine dell’XI o all’inizio del XII secolo sulla base della presenza delle quattro croci in laterizio (di cui tre sul fronte ovest e una su quello nord) che egli ricondusse ai Templari presenti nella vicina Valvisciolo (Serafini 1927, p. 21, n. 1), ma la cui esistenza in tutto il territorio sermonetano non è stata mai comprovata (D'onofrio, Pietrangeli 1969, p. 280). Secondo questa ipotesi, la datazione non dovrebbe allontanarsi molto dall’anno della prima crociata (1090) e non spingersi oltre il 1114, limite massimo imposto per la datazione del campanile di Tarano con il quale sono state riscontrate numerose affinità. È comunque universalmente accettata la datazione a cavallo tra i due secoli per i confronti con i campanili romani di S. Maria in Cosmedin, S. Paolo o S. Lorenzo fuori le mura, databili nella prima metà del XII secolo (Priester 1993, pp. 199-220), o più in generale, con quelli vicini a S. Maria ad Pineam (Giovannoni 1940, pp. 65-78).

La costruzione rivela inoltre la presenza di maestranze 'laziali-tuscanensi', il cui miglior prodotto sarebbe stato il campanile di S. Salvatore a Bassanello [Fig. 20] (Serafini 1927, p. 251) e a cui è riferita la costruzione di un numeroso gruppo di campanili con caratteristiche affini, quali la struttura interna senza volte intermedie, il paramento murario con pietra non regolare e ornamentazioni in laterizio, l’uso sistematico di bifore o trifore sovrapposte, i cornicioni marcapiano che imitano l’antico e le bifore cieche al primo ordine. 

Bibliografia

Ghidoli A., s.v. Bacini, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, III, Roma 1991, pp. 843-851.

Giovannoni G., Campanili medievali romani, in «Atti del IV Convegno nazionale di storia dell'architettura: Milano, 18-25 giugno 1939», Milano 1940, pp. 65-78.

Pantanelli P., Notizie storiche della terra di Sermoneta, edite da L. Caetani, Roma 1908-1911.

Priester A., Bell Towers and Building Workshops in Medieval Rome, «Journal of the Society of Architectural Historians», LII (1993), 2, pp. 199-220.

Raymondi M., Corniola G., Sermoneta e antichità delle terre pontine, Ronciglione 1893.

Serafini A., Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1927.

Tamanti G., La chiesa di S. Maria Assunta in Sermoneta, «Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale», VIII (1975), 2, pp. 75-92.

Terenzio A., Sermoneta: chiesa di S. Maria della Pieve. Restauri al campanile, «Le Arti», IV (1941-1942), 3, pp. 299-300.

 

Autori

Flavia Scarperia