PRIVERNO - Chiesa di San Giovanni Evangelista - Gli affreschi - ciclo di santa Caterina

Gli affreschi - ciclo di santa Caterina

Immagini


1) S. Giovanni Evangelista, interno, parere con i sue cicli pittorici (foto autore).

2) S. Giovanni Evangelista, interno, parere con i sue cicli pittorici (foto autore).

3) S. Giovanni Evangelista, interno, stemma Valeriani (foto autore).

4) S. Giovanni Evangelista, interno, affresco prima del restauro (foto archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma).

5) S. Giovanni Evangelista, interno, Rogo dei filosofi (foto autore).

6) S. Giovanni Evangelista, interno, Disputa della santa con l’imperatore (foto autore).

7) S. Giovanni Evangelista, interno, Disputa con i filosofi (foto autore).

8) S. Giovanni Evangelista, interno, Supplizio della ruota (foto autore).

9) S. Giovanni Evangelista, interno, Decapitazione della santa (foto autore).

10) S. Giovanni Evangelista, interno, Disputa della santa con l’imperatore , particolare (foto autore).

11) S. Giovanni Evangelista, interno, Supplizio della ruota, particolare (foto autore).

12) S. Giovanni Evangelista, interno, Supplizio della ruota, particolare (foto autore).

13) S. Giovanni Evangelista, interno, Supplizio della ruota, particolare (foto autore).

Descrizione

La parte alta della parete della navata sinistra della chiesa è decorata con un ciclo di affreschi diviso in otto riquadri narranti le storie di santa Caterina d’Alessandria [1-2]. I riquadri si susseguono quasi ininterrottamente, il succedersi delle immagini è interrotto solo in due punti: tra la seconda e la terza scena del ciclo dove, sopra una finestrella, compare uno stemma con due leoni rampanti rivolti verso gigli gialli su fondo azzurro mentre più avanti, un’altra finestra, oblitera parzialmente l’ultima scena del ciclo [3].

Gli affreschi vennero scoperti nel 1906 durante i lavori di ristrutturazione voluti da don Stanislao Leo (Angelini 1973, p. 121). Una campagna fotografica condotta durante i lavori di restauro della Soprintendenza di Roma nel 1979, documenta come gli affreschi versassero in un cattivo stato di conservazione [4].

Per quanto riguarda la paternità degli affreschi, Romano li attribuisce ad un unico maestro mentre Angelini riconosce la mano di due artisti diversi proponendo l’attribuzione delle pitture al Baboto, scultore privernate che lavora e si forma nell’ambito napoletano durante la seconda metà del XIV secolo e che si firma anche come pittore nel sepolcro Aldomorisco nella chiesa napoletana di San Lorenzo (Romano 1988; Angelini 1988, p. 117).

Gli affreschi vengono datati agli anni settanta del XIV secolo in base all’analisi stilistica e alle vicende storiche della famiglia Valeriani, tra le più antiche e nobili di Priverno, individuata grazie allo stemma con i leoni rampanti e probabile committente del ciclo insieme ad altre famiglie ignote, i cui tre stemmi, ormai poco leggibili, compaiono sotto la striscia degli affreschi (Angelini 1988, p. 117; Romano 1988, p. 202). La Romano in particolare ha riscontrato affinità stilistiche del maestro di santa Caterina con l’ambito napoletano ed in particolare con il maestro della cappella Leonessa di S. Pietro a Maiella (Romano 1988, p. 199).

Il ciclo si articola nel seguente modo: la narrazione comincia sulla porzione di muro tangente alla controfacciata con la scena raffigurante Il rogo dei filosofi a cui fa seguito la Disputa della santa con l’imperatore [5-6]. A questo punto la finestrella, sopra la quale è rappresentato lo stemma dei Valeriani, interrompe la narrazione che riprende con la Disputa della santa con i filosofi, segue il Supplizio della ruota ed infine l’ultimo episodio, parzialmente illeggibile a causa dell’apertura della finestra, con la Decapitazione della santa e l’angelo che trasporta il suo corpo sul monte Sinai [7-9].

Da notare l’errore nella sequenza agiografica. La scena con Il rogo dei filosofi, che qui apre la narrazione, dovrebbe collocarsi tra la scena con la Disputa con i filosofi e il Martirio della santa (Angelini 1971, p. 41).

Nella prima scena i filosofi, rei di essersi convertiti al cristianesimo, vengono condannati dall’imperatore Massenzio al supplizio del fuoco, costretti entro una gabbia dalla quale fuoriescono violente fiamme alimentate dagli aguzzini. Le loro anime vengono accolte da due angeli che accorrono in volo. In alto, una fascia di archetti pensili chiude la decorazione.

A fare da cornice ad ogni scena, corre su tre lati un bordo segmentato bianco, rosso e blu. A partire dalla seconda scena, nella parte superiore, una cornice decorata con motivi geometrici rossi e di forma romboidale, collega tutti i riquadri.

La scena più aulica è forse quella della Disputa della santa con l’imperatore, raffigurato sulla sinistra, seduto su un trono mentre con lo scettro indica la santa. Il suppedaneo del podio è decorato con raffigurazioni di draghi sputa-fuoco. Sulla fronte del gradino si legge distintamente CAESAR, mentre la parola precedente risulta ormai quasi illeggibile (si riconoscono forse le lettere SXRTI) [10]. L’elegante silhouette della santa occupa il centro della scena, sulla destra un gruppo di soldati ascoltano la conversazione, uno di essi regge un grande scudo decorato con leoni rampanti. Come nella prima scena, anche qui ricorre in alto un elegante fregio di archetti pensili, questa volta dai profili trilobi e a sesto acuto.

La scena della Disputa con i filosofi riprende lo schema della precedente con la santa al centro, circondata dai filosofi. Nella scena del Supplizio della ruota, un angelo accorre in volo a salvare la santa in preghiera e, armato di spada, distrugge gli ingranaggi dello strumento di tortura che, saltando via, feriscono a morte alcuni dei soldati presenti. È in questa scena che il maestro di santa Caterina propone un compendio di espressioni buffe e grottesche «con occhi strabuzzati e lingue che sporgono dalle labbra, a rappresentare la morte violenta come nei teatri di burattini» (Romano 1988, p. 200) [11-13].

Nell’ultima scena, parzialmente mutila, il soldato sta rinfoderando la spada, il martirio si è appena consumato ed il corpo della santa giace riverso sul suolo, con i polsi legati dietro la schiena. In secondo piano un angelo deposita la salma della santa, avvolta in un telo rosso, nel sarcofago costruito per lei sul monte Sinai.

Bibliografia

Angelini E., San Giovanni Evangelista di Priverno – cenni storici, «Economia pontina», n. 4, aprile 1971, pp. 19-46

Angelini E., Studi Privernati, Priverno 1973, pp. 111-130.

Angelini E., Priverno: Patrimonio artistico XII-XIX secolo, Priverno 1988, pp. 106-148.

Angelini E., Gli affreschi delle chiese di Priverno dal XIII al XV secolo, Priverno 1995, pp. 14-15, 34-35, 40-51.

Romano S., Gli affreschi “angioini” in San Giovanni Evangelista a Priverno, «Storia dell’arte», n. 64, 1988, pp. 197-203.

Romano S., Eclissi di Roma: pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), Roma 1992, pp. 360-367.

Autori

Ilaria Proia